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L’INSEDIAMENTO UMANO

Le informazioni sono tratte dal libro promosso dall’associazione di volontariato OaSì col titolo – MONTEBELLO “à stìmi bèn insèn” 
disponibile col Link https://www.amazon.it/dp/B0BPGGCRRX

 

SAIANO

Il primo documento antico che parla delle origini di Saiano è del 962 in cui si menziona “Castrum Sajani” un castello a sentinella sul fiume. La parte più importante del complesso è la Chiesa dedicata alla Madonna del Carmine, meta di pellegrinaggi e luogo di preghiera, sembra sin dal 1300.

 

Alla fine del 1800 l’altare maggiore fu arricchito di ornamenti attorno alla nicchia della Madonna come si vede nella rara immagine prima della devastazione.

altare saiano

Sull’altare laterale c’era l’affresco con l’immagine della Madonna col Bambino visibile in quest’altra rara foto di metà 1900.

Nella foto, sempre di metà Novecento, l’immagine di Sant’Antonio Abate sull’altro altare laterale.

Saiano offriva speranza, la gente dava il proprio contributo per il mantenimento del sacro edificio con una partecipazione enorme.

Il Messale custodito dal rettore del Santuario contiene un appunto scritto a mano:

18 maggio 1916 – Qui a Saiano Giornata Eucaristica.
Comunioni 1300 –milletrecento – Concorso di popolo (5000) cinquemila persone.

Negli anni 1960, quando il territorio si era ormai spopolato, Saiano non poteva sopravvivere e gradualmente fu abbandonato, la statua della Madonna fu quasi distrutta nella notte fra la Pasqua e il Lunedì dell’Angelo del 22 aprile 1973.

Oggi, il Santuario è tornato a nuova vita grazie alla la bellezza del luogo che conserva ancora la memoria cristiana dei secoli trascorsi e non si è mai spenta.

L’ANTICO MULINO SOTTO SAIANO 

L’acqua del fiume Marecchia, allora abbondante, attraverso la fossa ancora visibile alimentava questo mulino gestito dalla famiglia Eusebi e anche quello di Pietracuta: i contadini portavano il loro grano da macinare indifferentemente nell’uno o nell’altro mulino. 
Nel 1939 a Pietracuta era arrivata l’energia elettrica, così quel mulino si era potuto convertire e il mulino ad acqua di Saiano non poteva più competere. Nel mulino elettrico i contadini spendevano meno, potevano macinare sempre, in ogni momento e il mulino ad acqua degli Eusebi fu costretto a chiudere. 

 

La famiglia Eusebi dovette trasferirsi in un podere più grande nel “fosso della rapina” dove iniziarono l’allevamento delle api. Il nipote ha ereditato l’antica arte e così è nato il “miele di Montebello”. OaSì – Insieme per le valli APS ha dedicato a questo alimento prezioso una delle sue prime uscite e approfondiremo il mondo delle api e del miele anche in futuro.

Saiano miele eusebi

 

LA FLORA E LA FAUNA

 

Le informazioni sono tratte dal libro promosso da OaSì – Insieme per le valli APS: “Oasi di Torriana Montebello, valore ed etica di un territorio” Speciale dei Quaderni di “Quaderni di studi e notizie di storia naturale della Romagna” curato dal professor Riccardo Santolini insieme a diversi ricercatori, per la gran parte appartenenti alla Società di Studi Romagnoli

Cinghiale: Sus scrofa

 

Ungulato originario dell’Eurasia, nell’Oasi Torriana-Montebello, come nel resto del Paese, ha trovato il suo habitat ideale grazie alla sua grande capacità di adeguarsi a diversi tipi di ambiente come ad esempio i boschi di latifoglie, gli arbusteti e le zone calanchive.
I motivi che hanno favorito la sua espansione e la crescita delle popolazioni sono molteplici e possono riguardare le caratteristiche intrinseche tipiche dell’animale stesso come ad esempio la fertilità: le femmine raggiungono la maturità sessuale attorno all’anno e mezzo di vita, si accoppiano in inverno e la gestazione dura 4 mesi. Hanno giocato un ruolo fondamentale, per la sua diffusione, anche le immissioni a scopo venatorio avvenute negli anni ’50.
DOVE SI TROVA: La presenza del cinghiale sommata con quella di altri ungulati come il capriolo, ha contribuito ad attirare in Oasi il suo più grande predatore: il lupo.

Giglio rosso dei boschi: Lilium bulbiferum

 

Questo bellissimo giglio, appartenente alla famiglia delle Liliaceae, viene chiamato anche Giglio di San Giovanni per la sua fioritura che avviene nel periodo appunto di San Giovanni Battista (24 giugno).
Pianta geofita (bulbosa), la sua altezza è compresa tra i 30 e 80 cm, il fiore è di colore arancione scuro punteggiato di nero a forma di imbuto, largo dai 5 ai 10 cm. Ogni pianta produce un fiore, ma può arrivare anche ad averne 5. Le foglie, basali e lungo lo stelo, sono lanceolate con nervature parallele.

DOVE SI TROVA: Lo possiamo trovare sui pendii erbosi ed assolati nelle radure dei boschi xerofili in terreni ben drenati e calcarei.

Garzetta: Egretta garzetta

Un piccolo airone bianco niveo con lungo e sottile becco nero; zampe nere con i piedi gialli, questi ultimi particolarmente evidenti in volo. In estate gli adulti presentano una lunga cresta. Caccia camminando con movimenti veloci e repentini del becco.

DOVE SI TROVA: Lo si vede spesso nell’asta fluviale del Marecchia in spazi aperti e acque basse per cibarsi di piccoli pesci, anfibi e rettili, ma anche di invertebrati acquatici come crostacei e molluschi. 

Fior di stecco: Limodorum abortivum

 

Orchidea con areale concentrato sulle coste mediterranee. Il nome volgare “Fior di stecco” è da attribuire al colore viola scuro del fusto che lo fa sembrare appunto ad uno “stecco”.  Questa pianta presenta una ridotta attività fotosintetica (le foglie sono ridotte a squame avvolgenti il fusto), in quanto dipende dalle sostanze fornite da un fungo. Fiorisce tra la fine di aprile alla fine di giugno, presenta fiori relativamente grandi, generalmente violetti.

DOVE SI TROVA: Cresce nei boschi e nei cespuglietti, preferibilmente su suolo calcareo.

Cerambice della quercia: Cerambyx cerdo

 

La specie è inserita nella categoria “VULNERABILE” all’interno della red-list europea.

DOVE SI TROVA: Il cerambice della quercia è legato ai querceti maturi, dove la larva xilophaga può alimentarsi a spese del legno degradato di diverse specie di Quercus. 

 

I VIDEO

I video sono realizzati dall’associazione OaSì – insieme per le valli attraverso l’attività dei soci per il monitoraggio della fauna con l’utilizzo delle fototrappole sul territorio.